foto di Laura Saviano

venerdì 7 settembre 2012

How about I be me (and you be you)


Sinead O’Connor. E chi se la ricordava più. Poi sento la sua voce alla radio e la riconosco. Si, è proprio lei, strano però che questo pezzo non lo avevo mai sentito. Deve essere di un album vecchissimo, suona troppo anni Novanta. Strofa, ritornello, orecchiabile riff di chitarra elettrica dal gusto pop/rock e poi via per il rush finale in crescendo. E invece poi scopro che la canzone in questione è il singolo del suo nuovo album che si intitola How about I be me (and you be you). Premetto che non sono un fan di Sinead, la conosco soltanto, come tutta la mia generazione cresciuta a videogiochi e Mtv, per il video di Nothing compares to you, canzone imprescindibile di tutte le compilation musicali dell’ultimo decennio del secolo scorso. Roba che sanno anche i muri. Poi la credevo morta, almeno musicalmente e, a quanto pare,  non solo. Per curiosità cerco qualche sua notizia su google e vedo una foto terribile, dove sembra vecchissima, i capelli sempre a zero ma ingrigiti, un enorme tatuaggio di Cristo a colori sul petto e il viso imbolsito che non ha più nulla di quella bellezza angelica di cui tutti, nel famoso video di cui sopra, ci eravamo un po’ innamorati. Insomma Sinead si era persa nei meandri del suo successo, seguendo una parabola discendente comune a tante rockstar. Depressione, tentati suicidi, tentati matrimoni, botte di fede che la portano a prendere i voti di suora, poi di nuovo musica con parecchi album fallimentari.
Come essere me stessa, si chiede Sinead, e non lo sa neppure lei come fare, con tutti quegli attacchi schizofrenici che le fanno annullare un tour due giorni dopo l’annuncio delle date. Eppure, per un estraneo, sarebbe così facile dirlo chi è Sinead. Lei è quella voce, quel suono che, qualsiasi pazzia decida di fare la sua mente, non cambierà mai. E’ l’unica cosa di lei che la rende riconoscibile a se stessa. E forse l’unica ragione che la tiene ancora in vita. 
Probabilmente non saprà mai come essere se stessa, Sinead, ma continuerà a chiederselo per il resto della sua vita, tra una pasticca di psicofarmaco e una preghiera. Sono cose a cui non c’è una risposta definitiva, assoluta, valida nel tempo.
Se potessi rispondere a Sinead, dal basso della mia esperienza, le direi, molto banalmente, che siamo quello che stiamo facendo in questo momento. Che non ci sono otto personalità dentro di noi, ma una sola, che è quella che parla in questo momento, e poco importa se fra dieci minuti si contraddirà, se la suora comincerà a strappare le foto di Papa Giovanni Paolo II, o se crederemo di essere meglio di così. Finché qualcosa non intervenga nella nostra vita o non decideremo di cambiarla, continueremo a essere quello che facciamo, a essere il luogo dove abitiamo, il lavoro che cerchiamo, gli amici con cui parliamo. Per lei basterà tornare a cantare, suonare o scrivere per riappropriarsi di sé. E chi se ne frega se la sua nuova canzone sembra provenire direttamente da venti anni fa e se non avrà successo.
Per gli altri comuni mortali, per tutti quelli che non adoperano appieno i propri talenti nascosti o per coloro che non ne hanno affatto, la risposta è più difficile. Si tratta ogni volta di mettersi alla ricerca, di compiere indagini esteriori ed interiori, per trovare qualcosa che forse non c’è neppure. Si tratta di prendere in mano ogni giorno il groviglio intricato dell’esistenza ed escogitare un nuovo metodo per sfilare la matassa, o almeno per sciogliere qualche nodo. Magari non si riesce a sbrogliare un bel niente ma si mettono in pratica delle virtù come la calma, la pazienza e la perseveranza che possono risultare molto utili. E solo allora si capisce dove si doveva arrivare. Che il nodo gordiano era solo una scusa, un pretesto per allenare la propria coscienza, per portarla a livelli di difficoltà superiori, perché i nodi nella vita continueranno sempre a crearsi, ciò che cambia è il modo di affrontarli. E allora  torniamo a fare quello che ci riesce meglio, torniamo a tirare i fili, tentare le combinazioni. Torniamo a provare, disfare e ricominciare da capo. Come ogni maledetto settembre. Come Sinead.

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