La comparsa delle Dr. Martens non è
avvenuta in una data precisa. Raccontano le leggende che i primi a
indossarle furono certi operai inglesi, costavano pochissimo, erano
resistenti e duravano per molti inverni. Negli anni della
contestazione qualche studente le elevò, indossandole, a simbolo
della protesta politica, e poi, con quella punta rinforzata che si
ritrovano, potevi benissimo sfondare qualche macchina e uscire dai
tafferugli con le unghie dei piedi ancora tutte al loro posto.
Negli anni Ottanta delle Dr. Martens si
persero un po' le tracce, sappiamo solo che, con l'avvento delle
scarpe da tennis e degli appariscenti anni del consumo, a mantenere
questi anfibi ai piedi furono solo gli skinhead, i metallari e gli
hooligans inglesi. Una roba da poveracci, sfigati perennemente
incazzati con la società.
Nonostante le traversie del tempo le
Dr. Martens sono arrivate fino ai giorni nostri e, in un buio
pomeriggio d'inverno di tre anni fa, fino a me che le acquistai del
tutto ignaro della loro storia.
Le comprai, semplicemente, perché mi
piaceva la forma, l'aspetto (quelle colorate cuciture gialle sulla
gomma scura) e sopratutto perché non le avevo viste in vendita da
nessuna parte, erano praticamente introvabili.
Oggi pomeriggio invece con mia grande
sorpresa le Dr. Martens campeggiavano in bella mostra nelle vetrine
di ogni negozio di calzature della città. Nere, blu, rosse, a
fiorellini, a scacchi: i mitici anfibi della working class sono
tornati, e, inspiegabilmente fanno anche “tendenza”, come
l'eskimo e la kefiah.
Quale logica commerciale ne abbia
decretato la rinascita non mi è dato sapere, certo è che il loro
prezzo è notevolmente lievitato rispetto a tre anni fa. E
l'inflazione in questo caso non c'entra.Guardando le Converse che ho al momento ai piedi mi vengono ancora a mente le parole del tipo del negozio di calzature mentre le consegnava nelle mie mani con una certa smorfia di disprezzo: “Queste le ho messe a metà prezzo perché sono il modello della scorsa primavera”. Insomma non erano più di “tendenza”.
Alla fine non credo sia giusto
demonizzare le mode, il mercato globale o gli altri. Ognuno fa quel
che crede e se non sa cosa credere allora crederà a quello cui
credono gli altri. Quindi se vestirsi da finti poveri rivoluzionari
incazzati con il sistema è diventato una moda non resta che
prenderne atto.
Certo è che ad alcuni oggetti ci si
affeziona, un paio di scarpe comode, un vecchio maglione sfilacciato
sono le più intime e materiali reliquie della nostra anima e dei
nostri ricordi. A vederli addosso agli altri ci si sente un po'
defraudati, scoperti nell'atto di praticare la segreta arte di essere
se stessi. Soprattutto se poi ti accorgi che il motivo per cui gli
altri li utilizzano sono del tutto differenti dai tuoi. Perché per
me, se non lo aveste ancora capito, indossare le Dr. Martens è un
gesto di coscienza e non di tendenza, una questione semi-privata.Mi domando allora per quanto ancora le potrò mettere ai piedi senza sentir svanire la mia identità in quella degli altri.
E' triste doverlo ammettere ma restare originali nell'era della condivisione totale è un'impresa eroica, come scalare l'Everest. Con le Dr. Martens ovviamente.
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