foto di Laura Saviano

venerdì 8 novembre 2013

Le mie Dr. Martens


La comparsa delle Dr. Martens non è avvenuta in una data precisa. Raccontano le leggende che i primi a indossarle furono certi operai inglesi, costavano pochissimo, erano resistenti e duravano per molti inverni. Negli anni della contestazione qualche studente le elevò, indossandole, a simbolo della protesta politica, e poi, con quella punta rinforzata che si ritrovano, potevi benissimo sfondare qualche macchina e uscire dai tafferugli con le unghie dei piedi ancora tutte al loro posto.
Negli anni Ottanta delle Dr. Martens si persero un po' le tracce, sappiamo solo che, con l'avvento delle scarpe da tennis e degli appariscenti anni del consumo, a mantenere questi anfibi ai piedi furono solo gli skinhead, i metallari e gli hooligans inglesi. Una roba da poveracci, sfigati perennemente incazzati con la società.

Nonostante le traversie del tempo le Dr. Martens sono arrivate fino ai giorni nostri e, in un buio pomeriggio d'inverno di tre anni fa, fino a me che le acquistai del tutto ignaro della loro storia.
Le comprai, semplicemente, perché mi piaceva la forma, l'aspetto (quelle colorate cuciture gialle sulla gomma scura) e sopratutto perché non le avevo viste in vendita da nessuna parte, erano praticamente introvabili.

Oggi pomeriggio invece con mia grande sorpresa le Dr. Martens campeggiavano in bella mostra nelle vetrine di ogni negozio di calzature della città. Nere, blu, rosse, a fiorellini, a scacchi: i mitici anfibi della working class sono tornati, e, inspiegabilmente fanno anche “tendenza”, come l'eskimo e la kefiah.
Quale logica commerciale ne abbia decretato la rinascita non mi è dato sapere, certo è che il loro prezzo è notevolmente lievitato rispetto a tre anni fa. E l'inflazione in questo caso non c'entra.
Guardando le Converse che ho al momento ai piedi mi vengono ancora a mente le parole del tipo del negozio di calzature mentre le consegnava nelle mie mani con una certa smorfia di disprezzo: “Queste le ho messe a metà prezzo perché sono il modello della scorsa primavera”. Insomma non erano più di “tendenza”.

Alla fine non credo sia giusto demonizzare le mode, il mercato globale o gli altri. Ognuno fa quel che crede e se non sa cosa credere allora crederà a quello cui credono gli altri. Quindi se vestirsi da finti poveri rivoluzionari incazzati con il sistema è diventato una moda non resta che prenderne atto.
Certo è che ad alcuni oggetti ci si affeziona, un paio di scarpe comode, un vecchio maglione sfilacciato sono le più intime e materiali reliquie della nostra anima e dei nostri ricordi. A vederli addosso agli altri ci si sente un po' defraudati, scoperti nell'atto di praticare la segreta arte di essere se stessi. Soprattutto se poi ti accorgi che il motivo per cui gli altri li utilizzano sono del tutto differenti dai tuoi. Perché per me, se non lo aveste ancora capito, indossare le Dr. Martens è un gesto di coscienza e non di tendenza, una questione semi-privata.

Mi domando allora per quanto ancora le potrò mettere ai piedi senza sentir svanire la mia identità in quella degli altri.
E' triste doverlo ammettere ma restare originali nell'era della condivisione totale è un'impresa eroica, come scalare l'Everest. Con le Dr. Martens ovviamente.

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