foto di Laura Saviano

venerdì 28 febbraio 2014

Io e Giovanna

Zitto !! Non abbaiare!” - Ad abbaiare stasera, come tutte le sere, era il cagnolino bianco di Giovanna.
Io Giovanna la odiavo.
La odiavo perché trovavo che fosse una portatrice sana di bruttezza e mediocrità. Non era solo il suo aspetto a darmi quest'impressione, ma anche la sua voce sgradevole e volgare, o la sigaretta che perennemente teneva in bocca mentre parlava con le sue amiche del quartiere. E poi quel maledetto cagnolino bianco che abbaiava costantemente a qualunque cosa si muovesse.
Se passava una macchina lui abbaiava. Se passava una bicicletta lui abbaiava. Se passava una persona, un gatto, un altro cane, il postino, lo spazzino, l'arrotino, lui abbaiava. Insomma Cico (è questo il suo nome) non stava zitto un attimo.
Sui cani ho una teoria. La loro intelligenza è inversamente proporzionale al numero dei latrati emessi in media in una giornata. Ve la dico proprio così, in maniera scientifica.
I cani che non abbaiano quasi mai sono i più intelligenti e sono anche quelli che poi ti saltano alla giugulare quando devono farlo. Invece per gli altri vale il detto “can che abbaia non morde”.
Tornando a Giovanna invece si può dire che la sua vita si svolge perennemente in un quadrilatero di poche centinaia di metri. Casa, negozio, tabaccaio, casa. Premete il tasto repeat ed avrete conosciuto la storia della sua vita.
Ma non pensate che Giovanna sia una donna sola. Grazie al comportamento molesto del suo cagnolino bianco è riuscita a conoscere in poco tempo tutto il vicinato, divenendo in breve tempo l'amica e confidente di tutte le altre donne di mezza età, sole, con cane al seguito, che del mio quartiere sono la maggioranza assoluta.
La cosa che proprio non sopportavo di Giovanna era il suo negozio. Non tanto per il fatto che fosse uno dei parrucchieri (lei direbbe hair stylist) più chic della zona, quanto perché lei non ci lavorasse mai. E così, mentre un esercito di shampiste, stagiste, tirocinanti si spaccavano in due per portare avanti l'attività, la nostra Giovanna intratteneva conversazioni sui massimi sistemi sui marciapiede con il primo malcapitato.
Ma non con me. Intuito l'odio che doveva brillarmi negli occhi non appena incrociavo il suo sguardo, io e Giovanna non ci siamo mai rivolti la parola.
L'unico nostro momento di interazione si è realizzato quella volta che stava quasi per investirmi sottocasa mentre guidava il suo gigantesco Suv bianco mentre teneva in braccio il suo cagnolino bianco.
Di Giovanna in fondo io non so niente, anche se alcune cose credo di averle intuite. Per esempio che il bianco è probabilmente il suo colore preferito.
Se la odiavo era sostanzialmente perché lei per me rappresentava tutte quelle esistenze che si sono arrese ad una vita mediocre, sedentaria e vuota.
Ma ancor meglio perché sentivo che anche la mia vita correva il rischio di diventare esattamente così.
E invece ultimamente mi sono reso conto che qualcosa è cambiato. Lei continua a trascorrere i suoi giorni nelle strade del quartiere e il suo cagnolino ad abbaiare, ma da qualche tempo mi sono accorto di non odiarla più.
Non è questione d'abitudine o d'indifferenza. E' stata un'epifania improvvisa ma che deve essere incominciata diversi mesi fa. Solo che non ci avevo fatto caso.
In fondo perché devo prendermela così tanto con la povera Giovanna? Anche se abitiamo a pochi metri di distanza proveniamo da due galassie distinte. E i nostri microcosmi non potranno scontrarsi mai perché distanti milioni di anni luce. Adesso che credo di aver trovato il mio centro di gravità impermanente, il mio habitat naturale in cui rifugiarmi, ho di conseguenza imparato a rispettare il suo. Per quanto squallido mi possa sembrare.
E così stasera, per la prima volta, ci siamo salutati.

Buonanotte, Giovanna.


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