foto di Laura Saviano

venerdì 22 agosto 2014

Passàrgada

Il vento soffiava forte sull'accampamento. I teepee si dibattevano come vele sferzate dalla tempesta. La tribù intera aveva deciso che non c'era più tempo per aspettare, anche se tra poco avrebbe fatto buio e il fuoco attorno a cui erano riuniti si era spento e le nuvole che correvano verso di loro non promettevano nulla di buono.
Toro Seduto osservava il fumo fuggire a nord-est disperdendosi nell'aria densa di umidità. Gli bastò un'occhiata al cielo per capire che da lì a qualche minuto sarebbe iniziato a piovere. Dall'alto delle sue sessantaquattro primavere era stato riconosciuto come guida delle tribù, un ruolo che non gli era mai andato a genio, e per questo, anche quella sera, mal sopportava l'idea che tutti pendessero dalle sue labbra.
Mompracem era diventata una riserva arida. Più di quattro anni fa avevano deciso di impossessarsi di quella terra desolata, aspra, brulla, dove l'estate il sole bruciava la pelle e l'inverno il freddo vento del nord pungeva come aghi nella carne. Avevano rifiutato ogni compromesso con l'uomo bianco, mai avrebbero lavorato per lui, mai si sarebbero inchinati ai suoi sporchi giochi di potere. Lo avevano combattuto con le pochi armi di cui disponevano, resistendo ad ogni suo assalto ogni volta con sacrifici più grandi. Avevano cercato in tutta quella riserva arida una zona dove potersi fermare, senza mai trovarla, e così dopo anni di peregrinazioni e nomadismo la sua gente aveva fame, era stanca di quegli inverni rigidi trascorsi a mangiare patate e combattere i nemici che venivano da ogni parte. Ma nonostante tutto la sua tribù non aveva perso lo spirito ribelle e nessuno voleva ancora arrendersi all'uomo bianco.
Quella sera Toro Seduto aveva deciso che eccezionalmente anche le donne avrebbero preso parte alla riunione, nonostante il disaccordo degli altri capi indiani, e tutta la tribù, uomini, donne, vecchi e bambini, adesso sedeva in cerchio attorno ad un fuoco incerto mentre gli ultimi bagliori del sole si esaurivano aldilà dei monti, lontano dal grande accampamento.

“Abbiamo perso, questa è la verità, non possiamo più vivere così. Abbiamo combattuto contro tutti, e cosa abbiamo ottenuto? Nulla. Siamo sporchi, malati, senza niente per cui vivere, niente da commerciare, Mompracem è stata un fallimento!”. Esordì Nuvola Rossa senza aspettare che la riunione avesse ufficialmente inizio “Dobbiamo andarcene di qui al più presto”.

“Sei un folle!” Attaccò Dieci Orsi, “Conosci un altro posto che non sia stato preso dall'uomo bianco? Vuoi forse vivere nel suo mondo?”. Io piuttosto morirò qui. Dobbiamo resistere, che ci piaccia o no, questo è l'unico modo in cui possiamo vivere, aldilà di quelle colline c'è solo l'avarizia, lo sfruttamento e il denaro degli uomini con i fucili.

“Fra poco torneranno di nuovo e questa volta ci stermineranno tutti se restiamo ancora qui.” disse Nuvola Rossa.

“Io starò qui ad aspettarli.”
“Morirai”
“E qualcuno di loro verrà con me.” disse Dieci Orsi sputando in terra.

Toro Seduto ascoltava con calma, fumando il suo calumet, avvolto in una grande coperta. Si era immaginato che gli animi si sarebbero scaldati subito ma era stupito di come Cavallo Pazzo ancora non fosse intervenuto. Se ne stava vicino al fuoco che non riusciva a scaldare, imprecando contro il vento e gli dei, ammassando pietre intorno a quella piccola fiammella che i piccoli squaw cercavano di tenere accesa. Per lui le parole non avevano mai avuto molta importanza, era un uomo d'azione, che preferiva i fatti ai discorsi. I suoi occhi scuri lampeggiavano costantemente di un furore intenso, e le poche volte che parlava, si facevano più grossi come se fossero sul punto di esplodere.

Con un lento gesto della mano Toro Seduto chiese la parola, e d'improvviso i due contendenti ammutolirono.

“Mio padre Bisonte che danza, nella sua breve vita mi ha lasciato alcuni insegnamenti importanti, e adesso è giunto il momento di condividerli con voi. Quando avevo undici anni mi trasmesse le sue conoscenze sull'arte della guerra. In poco tempo imparai a cavalcare, a usare l'arco, a combattere con il pugnale e ad affrontare qualsiasi cosa con coraggio e determinazione. Ma ricordati, mi diceva, la massima abilità di un guerriero è quella di sconfiggere il nemico senza combattere.”
“Io credo che sia finito il tempo di andare contro l'uomo bianco. Finché lo combatteremo con l'odio sterminatore degli spiriti malvagi che lui usa su di noi, non potremo mai vincere
Non sconfiggeremo mai l'uomo bianco se continueremo ad usare le sue stesse armi. Non dobbiamo andare contro l'uomo bianco, dobbiamo andare oltre l'uomo bianco.

“Che cosa vuoi fare allora vecchio?” lo interruppe furente Cavallo Pazzo.

“Io propongo di deporre le armi, oltrepassare quelle colline, e cercare nuove terre fertili.” disse Toro Seduto.

“Ma aldilà delle colline vive l'uomo bianco! Ci uccideranno, ci stermineranno!”, sbottò Nuvola Rossa “Non riusciremo mai a vivere con loro”.

“Ci vestiremo come loro, faremo finta di comportarci come loro, l'uomo bianco è stupido, quando avremo assunto il suo aspetto ci lascerà in pace. L'uomo bianco non sa vedere che con gli occhi.” disse Toro Seduto.

“E' una follia, così facendo tradiremo noi stessi, le nostre radici, la nostra storia” si oppose Piedi Neri, “Tu vuoi tradire il tuo popolo e interrompere il nostro cammino lungo la strada che porta alla felicità.

“Non esiste una strada verso la felicità. La felicità è la strada. Io non voglio tradire nessuno. Se portiamo la pace e la forza dentro di noi non ha importanza dove andremo, tutte le strade ci porteranno nel posto giusto. Possiamo essere felici ovunque. Non abbiamo più bisogno di nasconderci nelle nostre tane, di vivere con la paura dell'uomo bianco.”

Udendo queste parole un gran vociare si diffuse nella tribù, alcuni davano cenni di assenso con il capo, altri, sopratutto i più giovani scuotevano la testa torturandosi le mani dalla rabbia.

“Queste sono le parole di un codardo” disse Nuvola Rossa con disprezzo. “Tu ci stai tradendo”.

“Tradisce solo chi rinuncia ad essere felice.” gli rispose impassibile Toro Seduto.

“Ho sentito parlare di una valle, a ovest delle Cime Nevose dove il sole splende ogni giorno dell'anno. La chiamano Passargada.” disse Dieci Orsi. “Me ne parlano da quando ero bambino e ho sentito dire che laggiù il grano cresce altro tre metri e le mandrie dei bisonti sono così grandi che quando si muovono senti la terra tremare e gli uomini non conoscono la guerra e lavorano insieme condividendo tutto quello che producuno. Potremmo provare a cercare quel posto.”

“E' troppo pericoloso, ribattè Piedi Neri, e poi non sappiamo nemmeno dov'è, non conosciamo nessuno che ci sia mai stato.”

Ma la tribù andava eccitandosi all'idea di lasciare le fredde e inospitali terre di Mompracem e grida di giubilo si levavano al cielo mescolandosi allo scoppiettio dei ceppi accesi. “A Passargada, a Passargada !! “ gridavano entusiasti molti, senza avere la minima idea di come potevano arrivarci.

“Conosco quel posto, disse Toro Seduto.” Poi fece una pausa e lentamente aspirò il fumo del suo calumet. Tutti gli occhi erano puntati su di lui.

“Che aspetti vecchio”, disse Cavallo Pazzo, “dicci dov'è”.

“Molte leggende sono nate su quella valle, ma la verità è che non è un posto reale. Passargada è un luogo della mente. E' dentro di noi.” rispose Toro Seduto.

A quelle parole la tribù prese a rumoreggiare, alcuni si alzavano spazientiti, altri discutevano animatamente, i bambini infreddoliti piangevano, Piedi Neri scuoteva la testa poco convinto mentre Toro Seduto rimaneva in silenzio osservavando davanti a sé le ultime luci dell'imbrunire sparire nella notte. La luna piena brillava argentea, contesa tra le stelle e le nuvole. Le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere sulla tribù riunita intorno al falò, tutti iniziarono a tornare confusi e scoraggiati verso le proprie tende.
In mezzo a tutto quel trambusto Cavallo Pazzo si alzò e iniziò a camminare allontanandosi velocemente dall'accampamento.
I suoi lunghi capelli lisci si libravano nel vento come erba selvatica e il suo passo era sicuro e forte come quello di un cacciatore che ha appena individuato la sua preda. Poi tutto a un tratto si fermò e iniziò a scavare a mani nude una piccola buca. Quasi nessuno si era accorto di lui, solo Toro Seduto lo osservava con la coda dell'occhio. Quando Cavallo Pazzo ritenne di aver ultimato la sua opera, si tolse il tomahawk che portava sempre legato alla sua schiena e lo seppellì. Poi saltò in sella al suo cavallo, guardò con occhi iniettati di sangue il cielo attraversato dalle saette che velocemente avanzava verso l'accampamento. I tuoni scuotevano la terra e una fitta pioggia cominciava a cadere sempre più intesamente. Cavallo Pazzo si chinò sul suo purosangue e sussurrò qualcosa nell'orecchio dell'animale che nessunò poté udire. Poi strappò un ramoscello di cedro e puntandolo con il braccio teso verso l'orizzonte con un grido si lanciò al galoppo contro la tempesta, scomparendo nelle tenebre.



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